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Pubblichiamo l'interrogazione al Presidente del Consiglio Regionale della Toscana ad opera del Consigliere Giovanni Donzelli relativa ai ritardi nei pagamenti dei Solisti che hanno partecipato alle Produzioni de “Incoronazione di Poppea” e “Il cappello di paglia di Firenze” della Stagione 2011.

Aggiornamento 7 Marzo 2012: sotto trovate anche la risposta

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Al Presidente del Consiglio Regionale della Toscana

Interrogazione a risposta scritta
(Ai sensi dell’art. 164 del Regolamento interno)
Oggetto: in merito alla Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino

Il sottoscritto Consigliere

• Considerato che il 21 Dicembre è stato inaugurato il Nuovo Teatro della Lirica del Maggio Musicale Fiorentino.
• Premesso che il Maggio Musicale Fiorentino è il più antico e prestigioso Festival europeo che si distingue per stagioni annuali concertistiche, liriche e di danza di assoluto rilievo.
• Evidenziato che fin dalle sue origini il Maggio Musicale si è imposto all'attenzione mondiale per alcune scelte culturali di fondo, originali e mai smentite. In primo luogo, l'attenzione rivolta ai problemi della "visualità" nell'opera lirica, chiamando a collaborare al festival fiorentino i maggiori registi teatrali e cinematografici del nostro secolo ed una nutrita schiera di celebri pittori e scultori di fama, come scenografi e costumisti.
• Visto che i compensi degli artisti solisti, con contratti individuali, chiamati per le produzioni della scorsa stagione e di alcune opere messe in atto tra le quali: “Incoronazione di Poppea” e “ Il cappello di paglia di Firenze” sembrerebbero ancora da pagare.
• Preso atto che molti artisti solisti del Maggio Musicale Fiorentino lamentano di non aver ricevuto alcun pagamento dal mese di Gennaio 2011.
• Considerato che ad oggi non risulterebbe nemmeno versato loro alcun anticipo.
• Vista la Delibera n°998 del 21/11/2011 con cui viene approvato il protocollo d’intesa tra Regione Toscana, Provincia di Firenze, Comune di Firenze Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino.
• Considerato che la Regione Toscana risulta essere tra i soci fondatori di diritto della Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino.
• Considerato che la Regione Toscana, con Decreto n° 2250 del 31 Maggio 2011, e con cadenza annuale, versa una quota associativa a favore della Fondazione Teatro del Maggio Musicale Fiorentino di € 2.450.000,00.
• Visto che le varie tranche di contributi pubblici sarebbero state impiegate esclusivamente per pagare dipendenti e stabili a contratto indeterminato del Maggio Musicale Fiorentino.
• Ricordato che gli artisti solisti, con contratti individuali, a differenza dei dipendenti e stabili a contratto indeterminato del Maggio Musicale Fiorentino, non godono dell’attenzione dei sindacati.

Interroga il Presidente della Giunta Regionale per sapere:

-Se è al corrente della situazione espressa in narrativa.
-Se quanto espresso in narrativa corrisponda al vero.
-A quando risalgono gli ultimi compensi pagati nei confronti degli artisti solisti.
-Se parte del contributo pubblico viene accantonato per il pagamento degli artisti solisti.
-Che tipologia di contratti ha il Maestro Zubin Mehta e se i compensi a suo favore per il 2011 siano stati già pagati.
-Come intenda agire la Regione Toscana per contribuire a risolvere questa situazione.

Il Consigliere
Giovanni Donzelli


La risposta della Giunta regionale

(...) In generale la Sovrintendenza chiarisce che la Fondazione ‘deve sempre privilegiare il pagamento delle competenze del proprio personale dipendente e spalmare gli altri pagamenti (compresi gli Artisti, che sono professionisti) quando sussistano condizioni migliori di liquidità.’
Precisa che ‘tra l’altro questa situazione è comune a tutti i teatri italiani e gli stessi Artisti, che in tale ambito interagiscono, ne sono ben consapevoli’.
Chiarisce, inoltre la Sovrintendenza, che ‘il Contributo pubblico viene utilizzato per le prioritarie esigenze della Fondazione stabilite dai Regolamenti e dalla Legge’. Ribadisce che ‘i compensi professionali arretrati vengono pagati ogni qualvolta sussistono sufficienti fondi di liquidità. In tal caso la priorità è data dall’anzianità del debito stesso’. (...)


Siamo considerati gli ultimi degli ultimi: "quando potremo, vi pagheremo, lo sapevate, no?"

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Pubblichiamo. grazie all'autorizzazione dell'autore, il collega Pietro Spagnoli, la seguente nota e la sua prosecuzione che da fine novembre 2010 circolano sul web attraverso i maggiori siti di social network e forum d'opera. Il quadro descritto dipinge con parole chiare e precise situazioni che molti di noi vivono quotidianamente, situazioni che vi invitiamo a segnalarci via mail.

Viviamo in un paese kafkiano.

Un teatro italiano è in ritardo con i pagamenti. In Italia sono diversi i teatri che hanno questa abitudine. Alcuni lo sono a tre mesi, altri a sei, alcuni anche a diciotto.

Il mio lavoro e quello dei colleghi è stato svolto. Il teatro è stato pieno tutte le sere. Tanta gente è rimasta fuori. Quella città è piena di turisti.
Applausi per tutti. Il pubblico ha pagato i biglietti. Il costo medio di una poltrona era di 45€.
Quel teatro porta circa 2000 posti. Con gli incassi avrebbero potuto pagare tutta la compagnia. Ne sarebbero avanzati un bel po per corpire altre spese. Mi chiedo: perché non fare più recite?

Al mio arrivo in quella città ho dovuto saldare l'appartamento monolocale che mi ha ospitato per tutto il mese. Nel giugno 2010 mandai una caparra del 30% per fermarlo.

Ho vissuto in quella città. Mangiando e viaggiando da quella città a casa mia. Lì dove sono i miei affetti, la mia famiglia.
Ho lavorato rispettando gli orari di convocazione; per le prove di regia, per quelle musicali, per i costumi, per il trucco, per le parrucche. La mia serietà professionale, quella dei miei colleghi, è stata ineccepibile.

Chiedo un anticipo per coprire un poco le spese. Mi rispondono che loro pagheranno solo dopo le recite. Dopo la prima recita chiedo di averla pagata. Ho lavorato (avevo lavorato per venti giorni anche prima), ho diritto ad essere pagato. Mi dicono che per consuetudine e contratto pagheranno tutto alla fine. Mi rassegno. Se è scritto nel contratto!
Il giorno dopo l'ultima recita chiedo i documenti di fatturazione. Mi dicono che li spediranno. Chiedo se il versamento sul mio conto è stato effettuato. Mi dicono che c'è un ammanco di cassa e che a giorni tutto sarà saldato.? Chiedo quando. Presumibilmente, rispondono, che........... non lo sanno. Comunque pochi giorni.

Parto. Ho già pagato la caparra e il saldo dell'appartamento dove andrò a stare. Nella città straniera del teatro dove sono scritturato.
Qui mi danno subito un anticipo per coprire parte delle spese.
Qui siamo in Francia. La Francia investe in Cultura 8,4 miliardi di euro l'anno. L'Italia 1,5 miliardi di euro. A diminuire nei prossimi anni.
Anche in Francia hanno difficoltà. Ma non se la prendono con la Cultura.
Ci hanno chiesto dei favori personali e noi li abbiamo concessi. In attesa di tempi migliori.

Passano i giorni. Tutto tace dall'importantissima città italiana. Città di arte e cultura. Famosa in tutto il mondo civile ed incivile.
Chiamo un amico all'interno del teatro. E' palesemente imbarazzato non solo per il ritardo ma per il silenzio di chi dovrebbe chiamarci e comunicarci le difficoltà. Un gesto di civiltà, di rispetto, di alto senso professionale.
La sovrintendente (che appena arrivata si è subito fatta un congruo aumento al proprio stipendio in un periodo di crisi nera) non ci ha accolto per un saluto al nostro primo giorno di lavoro in teatro. Tantomeno lo ha fatto al secondo, al terzo, al quarto, etc. etc.
Non ci è venuta a salutare né prima, né dopo la prima rappresentazione (eh si che era in sala!).
Non ci ha mandato un bigliettino di in bocca al lupo.
Non ci ha dato il tradizionale libretto di sala. L'ho comprato 10€.
Non ci è venuta a salutare all'ultima rappresentazione.
Non ci ha comunicato tramite lettera, e-mail, telefonata, sms, telegramma, comunicato stampa, segnali di fumo, bolle d'acqua, gesti dell'ombrello che noi non avremo ricevuto il compenso per il lavoro svolto nel teatro che lei gestisce a nome della comunità di quella città.

Al centralino del teatro risponde una voce maschile: "Pronto Teatro" dice. Nemmeno nomina il nome del teatro in questione. Forse se ne vergogna. Mi passa la sovrintendenza.
Al numero della sovrintendenza non risponde nessuno. Solo una voce registrata che annuncia gli orari di ufficio (io sono in perfetto orario) accompagnata dalle note della Traviata di Giuseppe Verdi (grazie M° Verdi per la tanta bellezza che ci ha donato). Non ci sono nemmeno le segretarie che annunciano che la Dottoressa è in riunione. Nemmeno quelle. Solo un disco che va all'infinito.
Eppure mi ricordo che tanta gente lavora in quegli uffici.
Forse si vergognano tutti. Sono imbarazzati (!figurarsi!).
Due sere fa hanno mandato in scena un'altra produzione. Lo sanno gli artisti che non saranno pagati?

Troppi "quadri gestionali" si sono rifugiati in quel "Castello" per proteggersi dal mondo di persone che dovrebbero servire.

Viviamo in un paese kafkiano.

Alla nota precedente ha fatto seguito la seguente precisazione:

il compatimento di Kafka

Devo ringraziare tutti quelli che hanno espresso solidarietà a me e ai colleghi che aspettano di essere pagati dopo il lavoro svolto. A noi, della malaugurata produzione di Nozze di Figaro, ma anche a tutti quegli altri che hanno aspettato e aspetteranno di esser pagati nei teatri perennemente in ritardo.
In questo momento grave del nostro paese, come qualcuno ha accennato, si è disposti ad accettare tutto pur di lavorare e a farsi benedire va il repertorio ed altro. Ci sono ottimi artisti che hanno privilegiato il lavoro nel proprio paese che stanno per la maggior parte del tempo a casa.
Qualcuno obietterà che non meritano di cantare.
Qualcuno che non meritano di esser pagati.
Vi prego di volgere lo sguardo ed uscire dal vosto giardino incantato dei melomani senza se e senza ma. qui si sta parlando della vita delle persone.
Va bene Enrico? (*)
Se le Nozze di Figaro o la Forza del destino non ti son piaciuti al pubblico italiano che frequenta i teatri d'opera, non importa nulla. qualcuno sarà d'accordo con te ma converrai che siete una "sparuta minoranza" cit.
Se appunto esiste una minoranza di oltranzisti che non riesce ad apprezzare niente del rappresentato, per il mondo della musica in questo momento è un problema secondario.

La mia denuncia non servirà a nulla. siamo quattro gatti che se la tirano e hanno in animo di cambiare il mondo con le ciance.

Volevo sottoporre alla vostra attenzione un semplice problema.
Questa categoria, quella del cantante lirico e dei musicisti in genere, è ormai ridotta a scheletro dello spettacolo. Se si arriva a produrre una fiche che presenta un'opera sui muri di una città e non si ha l'illuminazione di porre in essa i nomi dei protagonisti e di chi concorre alla produzione viva dello spettacolo, vuol dire che non si capisce il valore di chi quel lavoro lo prepara, lo porta e fa vivere sulle tavole del palcoscenico.
Parlo di tutti quei lavoratori che compongono l'articolata varietà professionale del teatro: macchinisti, pianisti, coro e orchestra, direttori di palco e maestri sostituti, truccatori, parrucchieri, sarte, etc etc.
Nei teatri molte di queste figure sono generalmente con contratto a termine. Cioè chi FA lo spettacolo è un subalterno. Se si deve risparmiare lo si fa mettendo in difficoltà il palcoscenico e magari si prende un consulente che amministri i riti di biglietteria o i rapporti con le ditte di catering.

Qui è il problema.

Io sono un freelance e tale voglio rimanere. Mi metto in gioco. Rischio sulla mia pelle la mia sorte. Metto nel calderone tutti gli imprevisti, la solitudine, i sacrifici e le incognite che la mia professione comporta. Non ammetto che nessuno giudichi i miei guadagni. Non credo affatto che sia io la causa del disastro. Io li contratto e li definisco di volta in volta. Teatro per teatro. E' un gioco di bilanciamenti e ci si può bruciare anche lì. Se sei sopravvalutato nessuno ti chiamerà. Se sei sottovalutato qualcuno penserà che non vali un granché, che ti svendi.
Se piaccio lavoro e se no sto a casa.
Il mio è un bel lavoro. Il mio è un lavoro infernale. Basta un catarro a rovinati la serata. Basta un influenza ad annullare mesi di lavoro. Basta una depressione per rirmanere disoccupato a vita.
Senza paracadute.

Tutti parlate di marcio nel mondo dell'opera da anni. Della crisi odierna causata dalla cattiva, o poco limpida, gestione.
Chi ha le prove denunci alle autorità competenti. Se no sono solo illazioni gratuite che infamano e basta.
Con questo non voglio dire che sia un mondo cristallino. Qualcosa non quadra anche a me. Ma non ho prove. A me basterebbe che un sovrintendente che ha causato milioni di debiti, non venga più messo nelle condizioni di far danni.

Conosco solo il mio operato. So solo cosa vale la mia onestà e professionalità.
Quella voglio sia rispettata. Rispettata.

All'estero generalmente mi sento rispettato. In un teatro europeo un grandissimo direttore d'orchestra, oggi penso il più grande, fa stampare il suo nome alla grandezza e nello spessore come per tutti gli altri protagonisti dell'opera e mette in risalto solo il nome dell'autore.
In quel teatro il sovrintendente passa per seguire le prove musicali e di regia. Per valutare con i suoi sensi se tale artista è un professionista serio o un cialtrone. Se il gruppo di produzione è efficiente.
Il quadro gestionale di un teatro deve passare un bel po di tempo a seguire le prove per avere il polso della situazione e capire cosa serve e cosa no.
Invece in Italia non si vedono mai. Parlano solo con gli agenti (**), o con i fornitori.

Serve una riforma politica dell'opera.
So che la parola politica fa paura.
Ciò non significa mettere l'amico dell'amico su quella poltrona perché ha la tessera di partito. No.
Significa avere una strategia politica di organizzazione del mondo dell'opera.
Io ce l'ho.
Pensate interessi qualcuno?
Pensate che qualche personaggio del "Castello" possa avere interesse nel chiedere?

Pietro Spagnoli

* Enrico Stinchelli (conduttore della trasmissione radiofonica "La Barcaccia" Radio3
** Su questo argomento si deve aprire un capitolo a parte.


 
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